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Roma, Camera dei deputati, 26 settembre 2007
INTERVENTI PER LA DIFESA DEI DIRITTI UMANI E SINDACALI
NEL MYANMAR (EX BIRMANIA) ALLA LUCE DEGLI ULTIMI GRAVI EVENTI

Interpellanza di Marco Boato

Il sottoscritto chiede di interpellare il Presidente del Consiglio dei Ministri e il Ministro degli affari esteri, per sapere - premesso che:

la situazione politica e sindacale dei diritti umani nell'ex Birmania, oggi denominata Myanmar, è sempre più grave e drammatica;

in risposta alla interrogazione riguardante il Myanmar che l’interpellante ha presentato e illustrato alla Camera dei deputati in data 12 settembre 2007 durante il question time, il Ministro degli esteri, per tramite del Ministro per i rapporti con il Parlamento, ha affermato che “il Governo condivide il suo richiamo all'attenzione e alla preoccupazione. L'Italia sta seguendo con grande attenzione ed apprensione gli sviluppi della vicenda, anche alla luce dei disordini delle ultime settimane e degli arresti di numerosi esponenti dell'opposizione, da lei ricordati”, aggiungendo che “formule come «dialogo critico» possano costituire lo strumento più efficace per tentare di sollecitare la promozione di sviluppi democratici in Myanmar”;

in sede di replica, l’interrogante, pur riconoscendo che i contenuti di quanto dichiarato dal Governo “sono sicuramente molto forti e condivisibili” ha osservato che “l'espressione «dialogo critico» - usata forse per comprensibili ragioni diplomatiche - è tuttavia, da un punto di vista politico, inadeguata”;

in questi ultimi giorni la situazione in Myanmar è peggiorata, anche a causa dei forti rincari del costo della benzina e dei generi di prima necessità, che ha stremato ancora di più la popolazione già ridotta alla fame e oppressa da uno dei regimi più brutali del mondo;

in tutto il Paese dilagano, da più di una settimana, forme di protesta pacifica guidate dai monaci buddisti che chiedono libertà e democrazia contro l’opprimente regime dittatoriale della Giunta militare del generale Than Shwe;

il 22 settembre 2007, Aung San Suu Kyi, “the Lady”, Premio Nobel per la pace e leader dell’opposizione, si è affacciata alla porta di casa, sfidando il regime militare che da anni la condanna agli arresti domiciliari, per dimostrare solidarietà ai monaci buddisti che stavano sfilando;

dal 24 settembre 2007 la rivolta pacifica dei monaci buddisti ha assunto proporzioni ancora maggiori, con la partecipazione di decine di migliaia di pacifici cittadini: le stime riferiscono centomila manifestanti a Rangoon e in altre città del Paese;

il 25 settembre 2007 si è svolta in Campidoglio una manifestazione di solidarietà, promossa dal Sindaco di Roma Walter Veltroni, alla quale ha partecipato anche l’interpellante, “per esprimere la ferma condanna del regime militare e delle violenze che in queste ore colpiscono i monaci e i cittadini che manifestano pacificamente per la libertà e la democrazia” e per il 27 settembre 2007 è stata programmata una nuova manifestazione di solidarietà con il popolo birmano, nel corso della quale esporre la foto di Aung San Suu Kyi sul Palazzo del Campidoglio;

da notizie di stampa si apprende che è in corso una violenta repressione della protesta in tutto il Paese e che vi sarebbero almeno 5 morti e 150 feriti, con oltre 200 persone, di cui la metà monaci buddisti, arrestate dalle forze di sicurezza a Yangon durante una delle manifestazioni contro la giunta militare;

in un articolo di Federico Rampini, pubblicato il 26 settembre 2007 su La Repubblica, si denuncia che “Con ogni probabilità la signora Aung San Suu Kyi, premio Nobel della pace e leader democratica, è stata deportata. I militari l’avrebbero prelevata dagli arresti domiciliari per rinchiuderla nel famigerato carcere di Insein. La punizione contro Suu Kyi, il ‘volto buono’ della Birmania nel mondo, sembra sia scattata dopo la manifestazione di sabato a Rangoon, quando la signora si era affacciata a salutare il corteo di monaci che sfilavano davanti a casa sua”;

il Presidente degli Stati Uniti, Bush, ha annunciato nel corso del suo intervento alle Nazioni Unite, martedì 25 settembre 2007, nuove sanzioni americane nei confronti della giunta militare in Birmania che ha imposto "un regno di 19 anni di paura" nel paese, soffocando le libertà di base: "Le Nazioni Unite e tutte le nazioni - ha detto - useranno le loro capacità diplomatiche ed economiche per alleviare le sofferenze in Birmania";

il Consiglio di sicurezza dell’Onu prevede di riunirsi alle ore 21, ora italiana, del mercoledì 26 settembre 2007, per consultazioni urgenti sulla drammatica situazione in Birmania. La convocazione del Consiglio di sicurezza era stata richiesta da numerosi paesi, fra i quali l’Italia. In particolare, il premier britannico Gordon Brown ha chiesto la convocazione urgente del Consiglio di Sicurezza dell'Onu sulla situazione in Myanmar, sostenendo che l'Unione Europea "ha intenzione di valutare un ampio ventaglio di sanzioni che potrebbero essere imposte";

il Presidente del Consiglio Prodi, inoltre, in un colloquio con il presidente di turno dell’Unione Europea, Jose Socrates, avvenuto il 26 settembre 2007, ha chiesto una riunione urgente in ambito comunitario al fine di esaminare le misure ritenute adeguate alla cessazione delle violenze in Myanmar, affermando che “la comunità internazionale deve mobilitarsi per il rispetto dei diritti umani in tutte le parti del mondo e perchè sia assicurata la libertà di esprimere le proprie opinioni ed il proprio dissenso in modo pacifico";

"Il Governo italiano – ha affermato Prodi come riportato da agenzie di stampa il 26 settembre 2007 - è al lavoro in ambito europeo ed internazionale, con i propri partner, per promuovere tutte le iniziative suscettibili di far cessare le violenze delle forze di polizia nei confronti dei manifestanti e far ripartire il dialogo”-:

quali siano le valutazioni del Governo in merito agli ultimi fatti di violenza accaduti nella ex- Birmania e quali urgenti ulteriori iniziative intenda intraprendere presso le sedi internazionali, l’Unione Europea e soprattutto l’ONU, per fermare, innanzitutto, la violenta repressione da parte del regime militare birmano nei confronti delle manifestazioni pacifiche dei monaci buddisti e di inermi cittadini e, inoltre, per promuovere tutte le azioni necessarie affinché il rispetto dei diritti umani nella ex-Birmania sia pienamente garantito.

Marco Boato

 

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